Dal Medioevo al dopoguerra: appunti per una storia del Brunello e dei vini di Montalcino
di Stefano Cinelli Colombini
da Intravino
Accogliamo con piacere, e pure con un bel po’ di orgoglio, il contributo di Stefano Cinelli Colombini, per una articolata analisi di storia del Brunello di Montalcino. E’ materiale notevole per qualità e pure per quantità, per questo verrà suddiviso in due parti, anche se la lettura è agevole ed avvincente. Un po’ di suspense non guasta, l’argomento del resto ci emoziona. [Fiorenzo Sartore]
Montalcino e i suoi sangiovese rappresentano un caso davvero curioso. Qui i miti sono così affascinanti che nessuno si cura di conoscere né la storia né la realtà sul campo, ovvero ettari, vitigni e bottiglie. E questo va anche bene, perché i miti fanno vendere il vino molto più degli aridi dati; come dice un mio amico, il vino è una cosa che si dà a bere. In molti sensi. Ma se si ragiona solo sulla base dei miti non si riesce né a capire perché il Brunello fa certe scelte né ad avere un’idea di quale futuro ci attenda. Non è facile ricostruire una storia della Montalcino vinicola, anche perché solo due aziende hanno una continuità gestionale e documentale che supera i cento anni mentre gli archivi di tutte le altre sono andati dispersi. Ci sono moltissime fonti scritte già studiate e pubblicate, ma purtroppo quasi nessun produttore, esperto o giornalista le ha lette. È un peccato soprattutto per i libri dell’ex sindaco Raffaelli, che ha fatto un ottimo lavoro sugli archivi. Occorre un serio lavoro di divulgazione della nostra Storia, perché la Storia di un vino che già nell’800 e nel primo ‘900 aveva vinto centinaia di premi in tutta Europa con molti produttori è una grande ricchezza che abbiamo in comune. Per questo, in attesa di qualcosa di più ampio, credo sia utile una breve sintesi multidisciplinare su Montalcino che metta insieme i dati noti e ne dia una analisi. Ed anche alcuni numeri attuali, che sono molto diversi da quello che “tutti sanno”.
Quando e perché nascono le fortune dei vini di Montalcino? Tutto ha inizio dal Medioevo e da una strada. Con i mari invasi dai pirati saraceni e le antiche vie romane degradate le alternative per i viaggiatori si erano ridotte a poca cosa; chi voleva andare a Roma doveva per forza usare la Francigena. E la Francigena passava da Torrenieri (1), ovvero da Montalcino. In più dal XIII secolo il nostro Comune aveva ottenuto il diritto di porto franco, divenendo così una specie di duty free del Medioevo. Ben presto Montalcino scoprì che i milioni di viaggiatori che transitavano nei suoi vicoli gradivano molto i suoi vini, e iniziò a farne sempre di più. E con di più intendo davvero tanti, perché si passa dalle 5.750 some del 1676 (2) (700.000 bottiglie attuali) ai dati dell’Otto e Novecento che riportano costantemente da 2.000 a 4.500 ettari (3) di vigne. La strada di Roma era la strada per il centro della cristianità, un luogo dove chiunque fosse qualcuno presto o tardi doveva andare. Da Carlo Magno in poi ogni imperatore del Sacro Romano Impero ha mangiato nelle nostre taverne, e re, nobili, papi, cardinali e persone di ogni tipo hanno camminato nelle nostre strade. È la richiesta che crea il prodotto, e noi avevamo in casa la migliore clientela d’Europa, gente abituata ai vini più raffinati. Così nacque il Moscadello, che dal seicento verrà progressivamente sostituito da un grande sangiovese in purezza affinato per quattro o cinque anni in botte; il Brunello. La corte d’Inghilterra (4) importava vini di Montalcino per la mensa reale, come risulta da un carteggio di metà ‘600. Un libro di viaggi del Conte Pieri (5) del 1790 ne descrive esattamente nome, composizione ampelografica e i quattro o cinque anni di affinamento. Dai primi decenni dell’ottocento i Padelletti vendevano bottiglie di Brunello con etichette stampate (6) in tipografia, e nel 1875 la Commissione Ampelografica della Provincia di Siena (7) redasse la più antica analisi chimico degustativa ufficiale di un Brunello che ci sia pervenuta; si tratta di un Castelgiocondo del 1843, un vino di 32 anni dal colore rosso rubino con 14,2 di alcol, acidità totale 5,1 e estratti secchi di 23,28. Dati del tutto in linea con i migliori Brunelli attuali. Nel 1869 Clemente Santi fu premiato con medaglia d’argento al Comizio Agrario del Circondario di Montepulciano (8) per un Brunello 1865, nel 1870 Tito Costanti partecipò all’Esposizione Provinciale di Siena (9) con un Brunello 1865 e nel 1874 la Fattoria dei Barbi ottiene una medaglia d’argento dal Ministero dell’Agricoltura (10), il primo premio nazionale per un vino di Montalcino. Nel 1873 Gabriel Rosa scrive che “il vanto maggiore e singolare del territorio di Siena è il vino. I vini di Brolio, di Montepulcian, di Montalcino e di Sinalunga sono ora indubbiamente i migliori d’Italia”. Spiccano le 45 medaglie vinte in tutta Europa da Paccagnini (11), quelle di Santi per un Brunello 1867, di Galassi per un 1868, Anghirelli per un 1869 e poi premi a Carlo Padelletti, Ferruccio Biondi Santi, i fratelli Biondi di Castiglion del Bosco, Francesco Galassi, Riccardo Paccagnini, i fratelli Nozzoli e Ersilia Caetani Lovatelli. In questo periodo gli agronomi ilcinesi fanno ricerche fondamentali sul sangiovese, che vanno dalle selezioni clonali dei Biondi Santi (12) al manuale di vinificazione del Brunello di Paccagnini (13). Montalcino nel 1900 è per abitanti la terza città del sud della Toscana dopo Siena ed Arezzo, è un centro vivace di commerci che ha nel Brunello il suo prodotto più famoso.
Ma è nella prima metà del novecento che Montalcino evolve ancora e diviene pioniere; pochi lo sanno, ma è qui che si ha notizia per la prima volta di tante idee che sono alla base della moderna commercializzazione e produzione del vino di qualità italiano. Nel 1931 Fattoria dei Barbi inizia a vendere il Brunello per corrispondenza (14), con una mailing a tutti gli avvocati e medici d’Italia. Negli stessi anni Biondi Santi inizia a spedire bottiglie di Brunello in USA ed in vari paesi esteri; interessante una foto del primo camion per gli USA, e la innovativa bottiglia da 0,100 Litri in confezione antiurto (15) per l’invio dei campioni. Nel 1933 dieci aziende di Montalcino partecipano alla prima Mostra Mercato dei Vini Tipici d’Italia a Siena e dichiarano una produzione complessiva di 4.850 ettolitri (16), pari a 650.000 bottiglie; teniamo conto che quelle dieci aziende rappresentano circa un quinto delle superfici del Comune, per cui probabilmente anche delle produzioni. Nel 1937 il Podestà Giovanni Colombini inaugura la prima Enoteca Pubblica d’Italia nella restaurata Fortezza, che per regolamento potrà vendere solo prodotti agricoli locali confezionati; tipicità, chilometro zero, uso della cultura e dei monumenti per valorizzazione dei prodotti locali, non vi sembrano concetti molto attuali? Nel 1950 la Fattoria dei Barbi realizza la prima cantina d’Italia sempre aperta ed attrezzata per la degustazione e vendita al pubblico del vino in bottiglia, e da quell’anno al 2011 la visitano tre milioni di enoturisti. Tutte queste sono applicazioni delle regole che governano ancora oggi il mercato del vino di qualità, ma qui tutto è stato fatto oltre mezzo secolo prima che nel resto d’Italia. Le abbiamo inventate noi? Mah, non so, però è un argomento affascinante. Il Brunello in quegli anni è così importante che il grande poeta futurista Filippo Tommaso Marinetti gli dedica lo slogan della Prima Mostra Mercato dei Vini Tipici Italiani, che si tiene a Siena nel 1933; scrive “il Brunello è benzina” (17), nel senso che è il carburante che muove il mondo.
Nel 1964 due eventi traumatici distrussero quasi tutto quanto era stato faticosamente creato. Il primo fu nazionale; venne abolita la mezzadria, e solo poche delle aziende già impoverite dalla guerra poterono trovare le risorse per riconvertirsi; per farlo noi ipotecammo tutto, vendemmo dei villini a Firenze, buona parte dei quadri di famiglia, i 30.000 volumi della nostra libreria antica e i mobili più belli, eppure ce la facemmo a stento. Ma la maggior parte degli “agrari” aveva solo terre, case e vigne che in quel momento non valevano nulla, e dovette chiudere. Il secondo fu locale, ma devastante; venne aperta l’Autostrada del Sole, e all’improvviso da Montalcino non passò più nessuno. Il paese perse improvvisamente quei milioni di transiti all’anno su cui viveva, ed è come se una città portuale si trovasse senza il mare. Basta un dato per dare l’idea della crisi; in dieci anni il Comune perse il 70% della popolazione (18).
Per leggere tutte le puntate:
Dal Medioevo al dopoguerra: appunti per una storia del Brunello e dei vini di Montalcino (parte 1)
Dagli anni ’60 ad oggi: appunti per una storia del Brunello e dei vini di Montalcino (parte 2)
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1 Viaggio da Canterbury a Roma dell’Arcivescovo Sigerico nell’anno 994 e vari altri
2 Ilio Raffaelli, Montalcino ed il suo Brunello, Vanzi Editrice 2008
3 Censimenti del Comune di Montalcino
4 Diari di viaggio di John Evelyn, 1620-1706
5 Libretto originale del Conte Pieri, Piero Zoi 1995
6 Archivio famiglia Padelletti Zumpt – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
7 Documento in copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello, loc. Il Poggio Montalcino
8 Archivio famiglia Biondi Santi, loc. Il Greppo Montalcino – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
9 Archivio famiglia Costanti, loc. Il Colle Montalcino – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
10 Cantina della Fattoria dei Barbi, loc. Podernuovi Montalcino – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
11 Archivio eredi famiglia Paccagnini – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
12 Archivio famiglia Biondi Santi, loc. Il Greppo Montalcino – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
13 Paccagninini, Trattato Teorico Pratico, Montalcino 1908
14 Cantina della Fattoria dei Barbi, loc. Podernuovi Montalcino – copia presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
15 Esemplare in esposizione presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
16 V. Montanari – A.Musiani, Vini Tipici Senesi, Siena 1933. Dettaglio dei quantitativi: Fattoria Bibbiano Hl 200, Fattoria Castelnuovo Tancredi Hl 400, Fattoria di Argiano Hl 800, Fattoria pian dell’Asso Hl 250, Fattoria Poggio alle Mura Hl 500, Fattoria Celamonti Hl 300, Fattorie Montosoli e Castelgiocondo Hl 400, Cantina sociale Biondi – Santi & C. Hl 1.000, Fattoria dei Barbi Hl 500, Fattoria S.Angelo in Colle Hl 500.
17 GUIDA CATALOGO 1° mostra mercato vini tipici d’Italia 1933. Presso il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello
18 Comune di Montalcino – Piano Strutturale, Settembre 2009